Chi pensasse che, all’apertura della successione, vi sia solo da guadagnare, è fuori strada. Oltre ai crediti del defunto, gli eredi divengono titolari anche dei suoi debiti, ossia di quel complesso di obbligazioni che gravavano in capo a defunto e che al momento della sua morte risultano ancora in essere, e dovranno pertanto provvedere al relativo pagamento.
Il codice civile disciplina la ripartizione di tali debiti all’art. 752 c.c., sicché “i coeredi contribuiscono tra loro al pagamento dei debiti e pesi ereditari in proporzione delle loro quote ereditarie, salvo che il testatore abbia altrimenti disposto”. Dunque ciascun coerede risponde dei debiti gravanti sull’asse ereditario solo in misura proporzionale alla quota di eredità ricevuta per successione e non vige tra di essi alcun criterio di solidarietà.
Tale principio non vale in riferimento ai debiti in ambito tributario per imposte dirette, rispetto alle quali ai sensi dell’art. 65 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, gli eredi sono responsabili in solido e non in base alla quota di eredità ricevuta per successione. Il fisco potrà dunque richiedere l’intero debito tributario nei confronti anche di uno solo dei coeredi del defunto.
Vale la pena precisare che, qualora uno solo dei coeredi provveda al pagamento estinguendo l’intero debito ereditario, lo stesso venterà un diritto di rivalsa nei confronti degli altri coeredi rimasti inadempienti.
Prevede altresì il già richiamato art. 752 c.c. che, mediante espressa disposizione testamentari, il testatore possa derogare il predetto principio della divisione pro quota, distribuendo il carico dei pesi ereditari tra i propri eredi: trattasi in realtà di un vero e proprio legato, avente ad oggetto il diritto di alcuni coeredi ad essere tenuti indenni da ogni esborso da parte di coloro che invece risulteranno gravati del peso delle passività ereditarie. Tale deroga produce tuttavia effetto solo nei rapporti “interni” tra i coeredi, mentre per quanto attiene i rapporti “esterni” con i creditori ereditari, questi potranno comunque agire pro quota per il recupero di quanto dovuto nei confronti dei singoli coeredi.
L’unico modo per limitare la responsabilità dell’erede ed impedire la “confusione” del suo patrimonio con quello del defunto è l’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario. Quest’ultima gli permette infatti di pagare i creditori ereditari attingendo esclusivamente dai beni presenti nell’asse ereditario, senza interferenze con il proprio patrimonio personale: logica conseguenza è che se i beni ereditari non dovessero essere sufficienti a pagare i creditori del defunto, questi rimarranno insoddisfatti non potendo in alcun modo aggredire il patrimonio personale dell’erede, avendo quest’ultimo accettato con beneficio d’inventario. Viceversa l’erede risponderà con il proprio patrimonio in caso di accettazione dell’eredità pura e semplice.

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