Quando si vive all’interno di un condominio, le possibilità che insorgano questioni tra vicini di casa sono decisamente numerose, soprattutto con riferimento ai rumori che inevitabilmente si generano, i quali possono essere più o meno fastidiosi e tollerabili.
Il disturbo alla quiete pubblica è punito dall’ordinamento giuridico italiano con l’art. 659 del codice penale, e si rivolge a “chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone”.
Tuttavia, trattandosi di un reato di pericolo presunto, occorrono ai fini del perfezionamento della fattispecie criminosa che le emissioni sonore siano potenzialmente idonee a disturbare le occupazioni o il riposo di un numero indiscriminato di persone secondo il parametro della normale tollerabilità, indipendentemente da quanti se ne possano in concreto lamentare. L’interesse tutelato dal legislatore è quello della pubblica quiete, la quale implica di per sé l’assenza di disturbo per la pluralità dei consociati, sicché è necessario che i rumori abbiano una tale diffusività che l’evento di disturbo sia potenzialmente idoneo a turbare non già la tranquillità del singolo soggetto che si dolga della rumorosità prodotta da altri, bensì ad essere risentito dalla collettività, in tale accezione ricomprendendosi ovviamente il novero delle persone che si trovino nell’ambiente o comunque in zone limitrofe alla provenienza della fonte sonora, atteso che la valutazione circa l’entità del fenomeno rumoroso va fatta in relazione alla sensibilità media del gruppo sociale in cui il fenomeno stesso si verifica. In applicazione di tali principi generali si è pertanto ritenuto che laddove l’attività di disturbo si verifichi all’interno di un edificio condominiale (così come è accaduto nel caso in esame), perché possa essere integrato il reato non basta che i rumori arrechino disturbo o “siano idonei a turbare la quiete e le occupazioni dei soli abitanti gli appartamenti inferiori o superiori rispetto alla fonte di propagazione, ma occorre una situazione fattuale di rumori atti a recare disturbo ad una più consistente parte degli occupanti il medesimo edificio, poiché solo in questo caso può ritenersi integrata la compromissione della quiete pubblica”.
Per quanto riguarda la valutazione del criterio della “normale tollerabilità” va effettuata con parametri riferibili alla media sensibilità delle persone che vivono nell’ambiente ove i rumori fastidiosi vengono percepiti, mentre è irrilevante l’eventuale assuefazione di altre persone, che abbiano giudicato non molesti i rumori stessi. La casistica giurisprudenziale ha altresì evidenziato che la durata del rumore o dello schiamazzo non ha alcuna rilevanza ben potendo il riposo essere disturbato anche da un rumore breve ed improvviso, quando esso sia molto elevato.
Scrivi un commento