aggressione addetto check-inÈ stata condannata alla pena di tre mesi di reclusione per aver commesso il reato di violenza privata la passeggera che, di fronte all’addetto al check-in che le ha vietato di salire a bordo, ha ritenuto di manifestare tutta la sua rabbia ai danni dell’addetta Alitalia.

La questione è giunta fino all’attenzione della Suprema Corte che ha confermato quella che era stata la sentenza già emessa dalla Corte di appello di Reggio Calabria.
Le motivazioni sono illustrate nella sentenza n. 56317 depositata il 18/12/2017: il tutto era nato da un gesto della hostess, che al banco del check-in, accertato che non era possibile far partire la passeggera, aveva gettato la di lei carta d’imbarco nel cestino. Tale gesto ha scatenato l’ira della passeggera, che ha da subito cominciato a sbattere i pugni sul tavolo urlando: «Io devo partire! Io devo partire!».

La situazione è presto degenerata. La passeggera ha infatti oltrepassato il banco del check-in nel tentativo di recuperare la carta d’imbarco, e successivamente si è scaraventata sull’addetta Alitalia, afferrandola e strattonandola, continuando a inveire e urlando, ormai in evidente stato di alterazione.

Tale condotta è stata sottoposta all’attenzione dei Giudici della Suprema Corte, secondo i quali non sussiste alcun dubbio sul fatto che il comportamento dell’imputata integri il reato di violenza privata. La donna si era sempre difesa in giudizio tentando di dimostrare che il proprio gesto non aveva intenzioni lesive, e lo stesso fosse da considerarsi come «mero gesto di frustrazione». La difesa non ha convinto i Giudici, infatti, per la Suprema Corte, è risultato palese che la condotta posta in essere dalla donna fosse finalizzata a «coartare la libertà di autodeterminazione» della persona offesa.

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