Non sempre ereditare ed essere istituiti eredi è sinonimo di “arricchimento”. Talvolta può anche succedere che l’asse ereditario sia costituito prevalentemente da passività e che pertanto l’erede (istituito o tale per legge) non voglia accettare, oppure che non possa farlo perché premorto al de cuius o indegno (ipotesi che si verifica ai sensi dell’art. 463 c.c. quando un soggetto abbia posto in essere atti particolarmente gravi contro il defunto o contro i suoi congiunti).
In tali casi, al posto del “primo chiamato”, intervengono i c.d. “chiamati ulteriori”, ossia coloro che subentrano in luogo dell’erede nel diritto di accettare l’eredità.
Il codice prevede in particolare tre meccanismi: la sostituzione, la rappresentazione e l’accrescimento.
La sostituzione a seguito di rifiuto dell’eredità da parte del primo chiamato.
Il primo strumento riguarda il caso in cui sia lo stesso de cuius a prevedere direttamente nel testamento l’ipotesi che l’erede o il legatario da lui istituiti non possano o non vogliano accettare l’eredità, nominando altri soggetti che, come anticipato, subentreranno al/ai primo/i chiamato/i nel diritto di accettare l’eredità o conseguire il legato. Per fare un esempio, Caio può validamente scrivere nel proprio testamento che lascerà tutto il suo patrimonio a Mevia ma che, qualora questa non potesse o volesse accettare, le si sostituirà Sempronio. In tal caso, all’apertura della successione, se Mevia (ancora in vita) sarà la prima chiamata e accetterà l’eredità, nulla spetterà a Sempronio. Al contrario, nel caso in cui dovesse rinunciare o premorisse a Sempronio, quest’ultimo acquisirà il titolo di erede.
La rappresentazione.
Se nel primo caso (sostituzione) deve essere il testatore a prevedere il soggetto che si sostituirà al primo chiamato in caso di nolontà od impossibilità ad accettare, la successione per rappresentazione opera per legge: il discendente rappresentante che subentri nel luogo e nel grado dell’ascendente rappresentato che non possa o non voglia accettare l’eredità succede direttamente al de cuius, con la conseguenza che la detta eredità è a lui devoluta nella identica misura che sarebbe spettata al rappresentato.
Si dice che “il discendente rappresentante è successore iure proprio nell’eredità e possiede la qualità di coerede ai sensi dell’art. 732 c.c.” (Cassazione civile, sez. II, 02 febbraio 2016, n. 1987).
I presupposti in presenza dei quali opera la rappresentazione sono i seguenti:
1. il primo chiamato abbia discendenti legittimi o naturali;
2. il primo chiamato deve essere figlio legittimo, legittimato, adottivo o naturale del defunto oppure fratello o sorella del defunto stesso.
L’accrescimento.
Infine, l’accrescimento è il criterio “residuale” che opera qualora non via siano né la sostituzione né la rappresentazione. Si ha quando la quota originariamente destinata ad uno dei coeredi si espande in capo agli altri coeredi nel caso in cui il primo non voglia o non possa accettare l’eredità.
In questo caso i presupposti sono:
1. l’istituzione di più eredi in uno stesso testamento;
2. l’istituzione di più eredi nell’universalità dei beni, senza determinazione di parti o in parti uguali;
3. la mancanza di una volontà del testatore esplicitamente o implicitamente contraria all’operatività dell’accrescimento.
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